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Pancia piena e gamba dura, non dimenticherò questa avventura. La scritta che campeggiava ieri sullo striscione d’arrivo dell’Artica, la prima ciclostorica a cui io abbia mai partecipato, ben racchiude la fatica e bellezza di una domenica trascorsa tra bici d’epoca, clima rigido e ottima compagnia.

Domenica scorsa insieme alla Scuderia, il club di Marco Aurelio Fontana, mi sono divertita da matti, faticando altrettanto. Con il Prorider, Gabriele, Mirco, Mattia e Silvano abbiamo forato diverse volte, rotto catene, arrancato in salita, sudato, sbuffato, mangiato, bevuto, gioito come non ci accadeva ormai da anni. E non siamo stati i soli. Eravamo un migliaio ieri a Lonigo, in provincia di Vicenza. Partenza alla francese tra le 9 e le 10 del mattino, quindi in sella travestiti come i ciclisti di un tempo, in sella a vecchi ferri romantici quanto poco performanti, con troppi pochi rapporti, cambi ballerini e freni cigolanti. Un viaggio nel passato nei giorni della merla che per qualche ora ci ha fatto dimenticare della pandemia che negli ultimi anni ha fatto saltare qualunque tipo di evento, compreso questo ritornato in calendario dopo due anni di stop, e ci ha costretto spesso alla solitudine, la noia e l’apatia. È stato davvero emozionante pedalare insieme, bere un bicchiere di vino e gustare un territorio splendido e profondamente legato alle due ruote.

Con i miei compagni di squadra ho completato il percorso lungo della classica d’inverno, quasi 60 km e un dislivello superiore agli 800 mt (gli organizzatori ne dichiarano meno e fanno bene, ndr), su e giù dai Colli Berici in sella a una fantastica Coppini degli anni Settanta. Ho onorato i tre ristori che proponevano polenta calda, soppressa, vin brulè, trippe, pan mojo, baccalà, groste di formaggio, pancetta, salciccia alla griglia e chi più ne ha più ne metta, rispettando alla lettera il decalogo artico che imponeva di assumere più calorie di quelle spese.

In corsa uomini e donne di ogni età, peso e grado di allenamento. Anche ex professionisti come Angelo Furlan, in sella a una bici del 1946 che riassume in poche parole la stima per i campioni di un tempo: “Un’esperienza del genere ti permette di sentire, capire, ricordare che grandi attributi avevano questi eroi che danzavano sui pedali ad alta velocità con mezzi lontani da quelli che abbiamo a disposizione noi e sulle strade di un tempo. L’Artica ti purifica”. Sottoscriviamo e ringraziamo la ricerca per i passi avanti permessi alla tecnologia.

Tra parroci, sindaci, maghi, pin up, una menzione doverosa per i gruppi che più mi hanno strappato un sorriso: i Porchetta e freni a bacchetta con cui ho pedalato nella prima parte e i Mi sun strac a cui volevo unirmi nel finale. Stanca, infreddolita, felice e con la voglia di tornare.

foto Giuseppe Giuliano WOK per Scuderia Fontana

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