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In questi giorni ho la fortuna di essere al mare, di poter indossare un costume, di uscire con chi voglio, postare sui social quello che mi pare, di pedalare e fare altre mille cose. Libera.

In Afghanistan ci sono bambine, ragazze, donne costrette a stare chiuse in casa, a cancellare la propria identità, a lasciare lo studio, il lavoro, le passioni, la quotidianità, ad affidare i propri figli a degli sconosciuti per paura di dover sposare chi non vogliono, di essere violentate, uccise o di vivere una vita che non è vita.

Portiamole via da quell’inferno che è Kabul. Come sta provando a fare Alessandra Cappellotto con l’energia e la cocciutaggine che solo una donna atleta che si batte per le donne può mettere in campo. Ne ho scritto oggi su tuttobiciweb.it perché le cicliste afgane, ma anche le giornaliste, le figlie tutte di questo paese martoriato dalla guerra potrebbero benissimo essere mie sorelle. Stanno mettendo a tacere la loro voce ma in Italia e nel mondo possiamo farla risuonare noi, che abbiamo questa fortuna.

PS. La foto è del 9 marzo di quest’anno quando, poche ore dopo la Giornata internazionale dei diritti della donna e lo scoppio dell’ennesima bomba, ci eravamo illuse che una gara di ciclismo femminile avrebbe spazzato via gli orrori, le ingiustizie, la violenza, la paura.

G.

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