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In questi 20 giorni di Giochi Olimpici non ho avuto tempo di comprare souvenirs, ma riparto con una valigia piena zeppa di ricordi che non dimenticherò mai. Di Tokyo2020 mi resta un’esperienza professionale unica. Colleghi più esperti mi avevano avvisato: ne uscirai come da un frullatore, stanchissima e con le suole delle scarpe consumate. Così è stato, come testimoniano le occhiaie da panda con cui ritornerò a casa, ma ne è assolutamente valsa la pena. Quella giapponese è risultata la spedizione più di successo della storia d’Italia: Elia Viviani può dire di essere stato il portabandiera dell’Italia dei record con 40 medaglie di cui 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi. Non so voi, ma io adoro i numeri tondi. Gli azzurri sono saliti sul podio 16 giorni su 16 di gara. Mai era successo prima. Poter dire io c’ero è un privilegio.

Questa Olimpiade ci ha ricordato che noi italiani, quando facciamo squadra, abbiamo il potenziale per fare di tutto. Contrariamente all’immagine che cercano in tanti di cucirci addosso, sappiamo soffrire, sacrificarci per un obiettivo. Cosa potrebbe essere il nostro Paese, con una guida seria e driscreta, che liberasse i talenti e premiasse i meriti. I nostri atleti e tecnici sono stati da applausi nonostante velodromi fatiscenti, piscine e palestre chiuse, infrastrutture arretrate; nonostante le scuole abbiano dimenticato l’educazione fisica e l’attività dei giovani sia lasciata a carico delle famiglie, nonostante i tagli e il disinteresse dei governi. Speriamo che dopo le meritate celebrazioni, chi di dovere si prodighi per mantenere le promesse fatte e per garantire un futuro all’altezza dei desideri delle bambine e dei bambini che hanno ammirato i nostri campioni in quest’estate pazzesca.

Da quando sono partita tre settimane fa sembra passata una vita. Ripenso alla grinta di Elisa Longo Borghini che nella prova in linea si è confermata di bronzo, rivedo la delusione negli occhi di Alberto Bettiol e dei ragazzi della mtb, la meraviglia in quelli di Giacomo Fantoni che grazie alla sua bmx ha realizzato il sogno di qualunque atleta. Faccio un’ultima chiacchiera per il podcast in uscita domani con Filippo Ganna, che ancora una volta mi stupisce per la sua semplicità. «Pippo, cosa farai per prima cosa quando torni a casa?» gli chiedo. «La lavatrice» risponde serafico. Mentre penso a quanta strada farà questo ragazzone che mi piace sempre di più per come ragiona oltre che per il talento indiscusso, il mio amico Luca Bettini cattura con la sua macchina fotografica quest’ultima pagina dei miei primi Giochi. Grazie Luca per la foto ricordo e per essere stato il miglior compagno di viaggio in questa avventura a cinque cerchi.

Lascio il velodromo di Izu con l’immagine delle lacrime trattenute da Elisa Balsamo, che oggi con il suo volo mi ha fatto perdere dieci anni di vita, e quelle ben più dolci versate da tutta la squadra azzurra per la vittoria con record del mondo nell’inseguimento a squadre. Vedo i nostri ragazzi d’oro (per me lo sono tutti, anche chi torna a casa con il bronzo al collo, ndr) dare un bacio al parquet in pino siberiano che ha celebrato sogni avverati e infranti. Mentre mi dirigo verso la navetta per tornare in hotel ricevo i messaggi di mia mamma, che come sempre legge i miei articoli e scova refusi (grazie alla mia correttrice di bozze preferita, operativa 24h su 24h, anche dalla spiaggia dove non vedo l’ora di raggiungerla). Luca riceve la videochiamata del fotografo Kei Tsuji che, dopo averci salvato in più occasioni mentre era in quarantena preventiva post Tour de France e noi cercavamo invano di prenotare un taxi o un piatto, sta per affrontare 400 km in auto per raggiungerci e portarci a visitare Tokyo prima del volo di ritorno.

Lascio la zona mista in cui ho abitato in questo periodo con in mano un origami a forma di cuore da portare a casa a Gabriele, che nei prossimi giorni avrà al fianco una fidanzata straccio che dovrà recuperare parecchie ore di sonno ma avrà anche un sacco di bellissime storie da raccontare.

Stanca ma felice, dalla vostra Giulia-San è tutto.

Leggi le puntate precedenti su tuttobiciweb.it:

I miei primi Giochi non sono un gioco, ma che gioia!

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